domenica 24 ottobre 2010

I Sognatori che ho incontrato

Leggo “La scuola vista da un alieno”, articolo di Alessandro D’Avenia su Vanity Fair n. 42 con qualche giorno di ritardo (le ragazze che studiano fuori non comprano il Vanity perchè sanno che potranno sfogliare quello della mamma il sabato,sedute sul tappeto della cucina, sbocconcellando una pizzetta e osservando i piedi materni che corrono dal lavandino al fornello). E leggendolo non solo mi dico che ha ragione e che condivido le sue parole dalla prima all’ultima, ma mi ritornano alla mente i Sognatori che ho incontrato (sì, esistono!).

Cominciamo dall’inizio. Io ero minuscola e spaventata, nel grembiulino blu col colletto scozzese. E lui per 5 anni ci ha fatti giocare con l’analisi logica e grammaticale, e andare nel corridoio ad “analizzare” una frase scritta su un cartellone sistemando un triangolino blu sotto l’aggettivo e un cerchio rosso sotto il verbo era il gioco più bello che si potesse fare.

Poi, il grado successivo. Un’insegnante di matematica e scienze che l’ultimo anno veniva a farci lezione parlando al microfono perchè un mostro le schiacciava le corde vocali, mostro che l’avrebbe uccisa l’anno successivo. Un esempio di dedizione al suo lavoro e amore per i suoi studenti.

Poi il ginnasio. Un napoletano con le braccia tatuate che si infiammava raccontando le gesta di Ettore e insultava Agamennone, mentre le luci in platea venivano spente e la cattedra diventava un palcoscenico. E poi essere spediti a casa a studiare semi – a memoria le similitudini contenute nei canti, paragonandole alle canzoni di Battisti.

é questa la scuola che dovrebbe essere. che è.

1 commento:

  1. Ricordo la prof di lettere nel ginnasio che ci portava a teatro (da Cechov a Beckett) e mi fece conoscere Marquez. E quella di filosofia, che come membro interno alla maturità ci diede aiuto, conforto, e morì l'anno successivo... Sognatori, maestri di scuola e di vita...

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