venerdì 18 ottobre 2013

…Diventare grandi con Roald Dahl

“Ma il Direttore di cui stiamo parlando non scherzava quando tirava fuori la canna e dartene un sacco e una sporta. (…) A quell’epoca era un semplice ecclesiastico, oltre che Direttore e, seduto nella penombra della cappella del collegio, lo sentivo predicare sull’Agnello di Dio, sulla Misericordia e sul Perdono e così via, facendo sprofondare il mio giovane spirito nella più totale confusione. Sapevo perfettamente che soltanto la sera prima  quel brillante predicatore non aveva usato né misericordia né perdono bastonando un ragazzino che aveva infranto il regolamento. Che senso ha tutto questo? mi chiedevo. Predica una dottrina e ne pratica un’altra, quest’uomo di Dio? Se qualcuno mi avesse detto che quel prete flagellatore sarebbe divenuto un giorno Arcivescovo di Canterbury, non gli avrei creduto mai. (…) Se questa persona, non cessavo di ripetermi, era una specie di rappresentante scelto da Dio sulla Terra, allora nell’intera faccenda c’era qualcosa che non quadrava.”

                                                                       R. Dahl, Boy

 

“Dahl ci avverte di non credere ai cattivi delle fiabe, e ci fornisce i mezzi per smascherare i cattivi della vita”    (dalla quarta di copertina di Boy).

Nell’infanzia, e anche dopo, ho letto e riletto i romanzi di Roald Dahl, scoprendo ogni volta qualcosa di più, trovandovi significati che alla lettura precedente mi erano sfuggiti, forse semplicemente perché non ero abbastanza “grande”. Con Roald Dahl grandi si diventa, romanzo dopo romanzo. Si supera la paura delle Streghe, della direttrice della scuola di Matilde, della nonna della Magica Medicina. Si guarda con disgusto alla mediocrità dei personaggi de La fabbrica di cioccolato, ci si innamora del GGG e della signorina Dolcemiele. Ma la paura dei cattivi veri, leggendo Boy, è sempre più viva che mai, ed è forse per questo che solitamente è l’ultimo che si legge, e quello che si ama di più.

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