lunedì 3 dicembre 2012

L'uomo e la bambina - chiarimenti

Di recente, ho parlato con più persone dell'uomo e della bambina. Mi è stato chiesto chi siano.
è difficile dare una risposta univoca, chiara, a questa domanda. è una metafora continua, la loro. Vivono in un luogo che ha qualcosa in comune coi luoghi della mia infanzia, questo sì, assolutamente; ma non sono QUEI luoghi. Non lo sono perché ogni volta aggiungo, tolgo, sforbicio, incollo. Modifico, abbellisco o rendo più tetri. Unisco inserti di altri posti, appendo qualche quadro che lì non ci dovrebbe stare. Si chiama pastiche, o capriccio. Sono luoghi non della fantasia, questo no. Più che altro dell'immaginazione, direi.

La bambina... per semplicità, ho detto che la bambina sono io. Non è esatto, in realtà. La bambina ha tanto in comune con me, è vero. Ma è qualcosa di più e di meno insieme. Di meno, perché è presente a meno avvenimenti: la bambina dorme, quando non la si chiama. Di più, perché vive tutto con più intensità, con più dolore, con più gioia. Tutto è immenso, gigantesco per lei. Idealizza tutto, gode spasmodicamente di ogni secondo che vive, bruciando tutto a velocità supersonica. Non è saggia, non è razionale, non è paziente. Non ha paura di soffire. In questo è diversa da me.

E l'uomo... l'uomo non esiste, al di là delle proiezioni della bambina. è un essere idealizzato, completamente. Ha qualcosa delle persone che lei ha conosciuto, ma piccoli dettagli, non di più. Non esiste un uomo che l'abbia davvero abbracciata così, che sarebbe stato in grado di amarla come lei avrebbe voluto. L'uomo è l'ancora di salvezza della bambina. Loro camminano insieme, abbracciati. Ma non esistono; e lei lo sa. Lui no, ma lei sì. Ed è questo, che le dà la marcia in più.

3 commenti:

  1. Di istinto, sai cosa. Che l'uomo possa essere uno specchio, la proiezione di una parte del sè. Ci sono molti archetipi, del resto, in questi tuoi scritti. L'albero, per dire. E' un bel lavoro di ricerca.
    silvia

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  2. A proposito del tuo vecchio post £Da Parma a Piacenza" (lì non posso commentare perché mi obbliga a scegliere tra account che non possiedo):
    una piccola, strana coincidenza: io ho letto "L'eleganza del riccio" durante un lungo viaggio in treno. La carrozza affollata, immagina. Arrivo al quasi finale, il colpo di scena. Scopiio a piangere. Mi scuso, dico qualcosa come "non me lo aspettavo". La ragazza di fronte a me sorride, dice "capisco, a me ha fatto lo stesso effetto".
    :-)
    silvia

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  3. Grazie, Silvia! è un lavoro "di ricerca", assolutamente. Un metafora sempre aperta, che fornisce sempre nuovi spunti.

    Per "l'eleganza del riccio"... io l'ho detestato. Conto di riprovarci tra qualche anno.

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